1984
L'ULTIMO FESTIVAL DI SANTARCANGELO
11 - 15 luglio
direzione artistica ROBERTO BACCI
Né «emarginati» né «alla moda»
Per poter presentare il programma di un Festival come quello di Santarcangelo di
Romagna, e specialmente quello per la XIV edizione sono necessarie alcune considerazioni che ne facciano comprendere correttamente il contesto e quindi le scelte fondamentali. Il contesto scaturisce da un titolo che ho scelto per ridefinire e mettere in movimento tutta l’esperienza nel suo complesso:
L’Ultimo Festival di Santarcangelo.
Il titolo puo sembrare a prima vista un gioco teatrale per richiamare l’attenzione del pubblico e degli osservatori, ma in realtà non lo è affatto, anzi, vuole essere una provocatoria presa di posizione verso il perpetuarsi dei programmi delle istituzioni culturali, sempre cosi timide nell’accertare scarti o cambiamenti. Uno dei valori piu importanti, nell’attività culturale, è la capacità di trasformare i propri presupposti, e un Festival piccolo giovane come quello di Santarcangelo vuole - con questa edizione - investire tutto il proprio passato e la propria capacita di essere «cultura» nel segno di un utile trasformazione di sé stesso e dell’ambiente che lo circonda.
L’Ultimo Festival e una sfida duplice: da un lato l’istituzione Festival (il Consorzio che lo gestisce) accetta di ripensare profondamente la propria funzione e la propria attitudine a gestire un fenomeno culturale che ormai, e per sua fortuna, e arrivato a trascenderla; dall’altro lato, e il movimento teatrale legato a Santarcangelo che non trovera piu uno specchio dove riflettere la propria immagine, bensi frammenti utili a costruirne una nuova, piu dinamica e impegnata in una trasformazione strutturale del teatro italiano. La grande capacità del Festival di Santarcangelo e sempre stata quella di essere dialettico al proprio interno prima di esserlo verso l’esterno; così la scelta di tale titolo porta quest’anno il processo fino alle estreme conseguenze: riconsegna gli uomini che sono stati i protagonisti di questa importante avventura del teatro italiano la piena responsabilità delle loro scelte.
Non pensare ad un Festival futuro, bensi al futuro del Festival: ecco la parola d’ordine che ci vede tutti impegnati, sia come amministratori che hannovissuto le loro responsabilità verso una simile esperienza culturale in modo craggioso, sia come uomini di teatro che non accettano false sicurezze, siano esse artistiche o istituzionali. Le finalità espresse dal programma che segue approfondiscono ulteriormente questa direzione di sfida.
Si è sempre parlato di fenomeno «sociologico» quando ci si e riferiti ai gruppi
ospiti di Santarcangelo e certamente la loro esperienza è stata e continua ad essere tale, ma troppo spesso dietro a questo aggettivo si e voluto celare, o rendere inoffensivo, qualcosa che in realtà é cresciuto e che oggi ha il diritto di occupare altri spazi nella cultura teatrale contemporanea.
La natura sociologica di questo movimento é stata il pretesto per rifiutare la nuova etica che esso si riporta dietro, un’etica che mette in discussione le «radici» stesse del teatro che ha avvicinato in questi anni tanti giovani artisti, studiosi, critici e pubblico che per «questo teatro» hanno rifiutato «l’altro teatro».
Si é cercato di emarginare i risultati di un grande e nuovo movimento culturale relegandolo o nella impossibilita economica di vivere e svilupparsi, o nella «moda» da consumare e poi gettare; oggi il ritorno del teatro di mercato alla logica del «grande spettacolo» o del «grande attore» segna in modo inconfondibile il baratro di prospettiva esistente.
Questo nuovo teatro non si è mai visto sui «generi» o sui «linguaggi» e le spinte da parte di alcuni critici a farlo sono state oggi, finalmente, denunciate e rese quasi inoffensive.
Ciò che L’Ultimo Festival di Santarcangelo vuole dimostrare e quanto e che cosa queste nuove esperienze possano offrire al nuovo teatro: una professionalità nuova, un’etica di lavoro che ha cambiato l'atteggiamento del pubblico, un modo di progettare e costruire istituzioni diverse da quelle esistenti, più omogenee alla ricerca e alla sperimentazione che ogni dinamica culturale deve possedere e preservare al proprio interno.
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11 - 15 luglio
direzione artistica ROBERTO BACCI
Né «emarginati» né «alla moda»
Per poter presentare il programma di un Festival come quello di Santarcangelo di
Romagna, e specialmente quello per la XIV edizione sono necessarie alcune considerazioni che ne facciano comprendere correttamente il contesto e quindi le scelte fondamentali. Il contesto scaturisce da un titolo che ho scelto per ridefinire e mettere in movimento tutta l’esperienza nel suo complesso:
L’Ultimo Festival di Santarcangelo.
Il titolo puo sembrare a prima vista un gioco teatrale per richiamare l’attenzione del pubblico e degli osservatori, ma in realtà non lo è affatto, anzi, vuole essere una provocatoria presa di posizione verso il perpetuarsi dei programmi delle istituzioni culturali, sempre cosi timide nell’accertare scarti o cambiamenti. Uno dei valori piu importanti, nell’attività culturale, è la capacità di trasformare i propri presupposti, e un Festival piccolo giovane come quello di Santarcangelo vuole - con questa edizione - investire tutto il proprio passato e la propria capacita di essere «cultura» nel segno di un utile trasformazione di sé stesso e dell’ambiente che lo circonda.
L’Ultimo Festival e una sfida duplice: da un lato l’istituzione Festival (il Consorzio che lo gestisce) accetta di ripensare profondamente la propria funzione e la propria attitudine a gestire un fenomeno culturale che ormai, e per sua fortuna, e arrivato a trascenderla; dall’altro lato, e il movimento teatrale legato a Santarcangelo che non trovera piu uno specchio dove riflettere la propria immagine, bensi frammenti utili a costruirne una nuova, piu dinamica e impegnata in una trasformazione strutturale del teatro italiano. La grande capacità del Festival di Santarcangelo e sempre stata quella di essere dialettico al proprio interno prima di esserlo verso l’esterno; così la scelta di tale titolo porta quest’anno il processo fino alle estreme conseguenze: riconsegna gli uomini che sono stati i protagonisti di questa importante avventura del teatro italiano la piena responsabilità delle loro scelte.
Non pensare ad un Festival futuro, bensi al futuro del Festival: ecco la parola d’ordine che ci vede tutti impegnati, sia come amministratori che hannovissuto le loro responsabilità verso una simile esperienza culturale in modo craggioso, sia come uomini di teatro che non accettano false sicurezze, siano esse artistiche o istituzionali. Le finalità espresse dal programma che segue approfondiscono ulteriormente questa direzione di sfida.
Si è sempre parlato di fenomeno «sociologico» quando ci si e riferiti ai gruppi
ospiti di Santarcangelo e certamente la loro esperienza è stata e continua ad essere tale, ma troppo spesso dietro a questo aggettivo si e voluto celare, o rendere inoffensivo, qualcosa che in realtà é cresciuto e che oggi ha il diritto di occupare altri spazi nella cultura teatrale contemporanea.
La natura sociologica di questo movimento é stata il pretesto per rifiutare la nuova etica che esso si riporta dietro, un’etica che mette in discussione le «radici» stesse del teatro che ha avvicinato in questi anni tanti giovani artisti, studiosi, critici e pubblico che per «questo teatro» hanno rifiutato «l’altro teatro».
Si é cercato di emarginare i risultati di un grande e nuovo movimento culturale relegandolo o nella impossibilita economica di vivere e svilupparsi, o nella «moda» da consumare e poi gettare; oggi il ritorno del teatro di mercato alla logica del «grande spettacolo» o del «grande attore» segna in modo inconfondibile il baratro di prospettiva esistente.
Questo nuovo teatro non si è mai visto sui «generi» o sui «linguaggi» e le spinte da parte di alcuni critici a farlo sono state oggi, finalmente, denunciate e rese quasi inoffensive.
Ciò che L’Ultimo Festival di Santarcangelo vuole dimostrare e quanto e che cosa queste nuove esperienze possano offrire al nuovo teatro: una professionalità nuova, un’etica di lavoro che ha cambiato l'atteggiamento del pubblico, un modo di progettare e costruire istituzioni diverse da quelle esistenti, più omogenee alla ricerca e alla sperimentazione che ogni dinamica culturale deve possedere e preservare al proprio interno.
Roberto Bacci
Direttore artistico
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