1976
17 luglio - 1 agosto
direzione artistica PIERO PATINO
Festival e rapporto organico
di Piero Patino
Riproponendosi per la sesta volta al pubblico, il nostro Festival offre, quest’anno, una fisionomia che, seppur ancor di poco, tuttavia tende ad accentuare la sua evoluzione nella sua direzione che era nella sua linea programmatica fin dalla nascita, nel 1971.
Anzi era una delle basilari componenti dell'obbiettivo che allora ci proponemmo e che in questi anni ci siamo sforzati, con risultati alterni, di rispettare e concretare. Vale a dire la realizzazione di un vero e proprio rapporto organico della rassegna col territorio, la popolazione, l'ambiente.
Molte cose vengono dette e scritte di frequente sui significati, i valori e, soprattutto, sulla individuazione della vera organicità del rapporto in questione; così come sui diversi elementi la cui presenza é condizionante per determinare il legame tra fatto culturale o artistico (nel caso nostro teatrale) e uomini e cose presso cui questo si verifica.
L'autonomia creativa e l'originalità, ovvero il carattere di base dell'evento cui vien data vita, il tipo di problematica o di tematica di fondo, l'osmosi permanente fra fruitori, i destinatari e i proponenti, il coinvolgimento dei primi nelle proposte dei secondi, la misura dell'aggancio delle iniziative con l'humus locale di cui devono essere espressione, e altri elementi che qui tralasciamo.
Ciò su cui, però credo si debba insistere per la realizzazione di un vero e proprio rapporto organico che leghi fra loro iniziativa e ambiente umano e «logistico» é, allo stato iniziale, una mediazione o, meglio, una vera e propria ricerca a diversi livelli al fine di reperire un primo equilibrio (in una dinamica generale prefissata) fra la obiettiva e reale disponibilità ambientale e i valori artistici e culturali costituenti il punto finale cui si vuol pervenire.
Giacchè non ogni disponibilita ambientale, valida o meno nelle espressioni, assurge a fatto di rilievo artistico e non ogni fatto artistico è di per se stesso idoneo ad essere giustamente e attivamente recepito comunque e ovunque.
Ecco perché i «fatti di base», se privi di opportuno respiro e, se si vuole, anche di tecnica espressiva moderna, divengono solo ripiegamenti contemplativi quasi archeologici, comunque municipalistici e finiscono col reprimere ogni energia originale e creativa.
Cosi come un evento artistico quando è calato dall'alto, se é vero che, proprio perché artistico, produce sempre una reazione positiva, tuttavia, questa è limitata rispetto
alla potenzialità (per la sua origine) ed ancor più contenuta in quanto episodica.
Ed allora, nel|'opera di avvicinamento, non artificioso e dal di fuori, ma «intimo» dei due elementi, bisogna procedere attraverso successivi punti d’equilibrio, successive tappe.
Gia negli anni precedenti fisionomizzato positivamente in altre componenti, quest’anno il nostro festival spera di spostare in avanti la sua caratterizzazione, il suo taglio culturale, verso la creazione di un moderno ed evoluto avvenimento di arte e di cultura.
Alcuni ostacoli, peraltro non nuovi perché tipici in ogni fatto simile, si frapporranno al raggiungimento di quegli intenti.
Ostacoli contro i quali bisognerà lottare per la stessa sopravvivenza del Festival, al fi-ne di non farlo diventare, a tempi piu o meno brevi, un cimitero di ovvietà o un momento di provincialismo autosufficiente, o ancora, in altro senso, come succede ad altre rassegne più o meno famose, un_ritrovo per superate ed arcaiche velleità di ristrette èlites autocompiaciute.
L'uno o l’altro (o ambedue), questi rischi sono stati sempre presenti ma ora piu che mai proprio in ragione del processo di avvicinamento alla creazione di un certo rapporto organico di cui s'é detto; infatti, tale processo, se male inteso, crea l'equivoco, sempre difficile da sradicare ovunque, di una rivalutazione municipalistico-autarchica, di un campanilismo i cui valori non travalicano la cinta cittadina tutt’al più, lasciando ogni cosa ed ogni uomo chiusi in un ghetto provinciale.
Questa sarebbe per il Festival una morte per asfissia, privo, come si ridurrebbe ad essere, di spazi, respiri e valori culturali obiettivi.
E, d'altra parte, altra ingloriosa fine raggiungerebbe il Festival se, dimenticando la propria origine e la propria ragione di avvenimento di collettività, di massa, accogliesse le sollecitazioni a indirizzi calligrafici, stimolanti per chi ha della cultura una concezione superata storicamente, direi antidialettica, avulsa dalla realtà e assisa sulle nuvole. ln definitiva neutralistica e qualunquista.
Da qui, la necessità di mantenere salda la linea di questa nostra iniziativa di fronte alle mille, anche in buona fede, lusinghe di eversione: debbono venire (e ciò ci ha sempre ispirati) i contributi attivi e fattivi di chiunque e, possibilmente, di tutti dato che di tutti e il Festival, poggiato su una piattaforma democratica e di partecipazione aperta: ma contributi atti ad evolvere quella linea non già a disattenderla o a polverizzarla in disorganiche direzioni di casuali eventi, a volte pure, separatamente o ciascuno, positivi in altri contesti.
ll nostro Festival ha la faccia che si è dato e che ha ritenuto opportuno darsi, originale, non avendola ricalcata dalla faccia di nessun altro: a cercar di cambiarla, o se ne fa una brutta imitazione di altre o, addirittura, si perde ogni fisionomia.
ll 6° Festival, pertanto, insistendo sulla propria impostazione culturale alla ricerca di quel rapporto organico di cui si diceva prima, dovrebbe dire qualcosa di nuovo.
Download the catalogue
direzione artistica PIERO PATINO
Festival e rapporto organico
di Piero Patino
Riproponendosi per la sesta volta al pubblico, il nostro Festival offre, quest’anno, una fisionomia che, seppur ancor di poco, tuttavia tende ad accentuare la sua evoluzione nella sua direzione che era nella sua linea programmatica fin dalla nascita, nel 1971.
Anzi era una delle basilari componenti dell'obbiettivo che allora ci proponemmo e che in questi anni ci siamo sforzati, con risultati alterni, di rispettare e concretare. Vale a dire la realizzazione di un vero e proprio rapporto organico della rassegna col territorio, la popolazione, l'ambiente.
Molte cose vengono dette e scritte di frequente sui significati, i valori e, soprattutto, sulla individuazione della vera organicità del rapporto in questione; così come sui diversi elementi la cui presenza é condizionante per determinare il legame tra fatto culturale o artistico (nel caso nostro teatrale) e uomini e cose presso cui questo si verifica.
L'autonomia creativa e l'originalità, ovvero il carattere di base dell'evento cui vien data vita, il tipo di problematica o di tematica di fondo, l'osmosi permanente fra fruitori, i destinatari e i proponenti, il coinvolgimento dei primi nelle proposte dei secondi, la misura dell'aggancio delle iniziative con l'humus locale di cui devono essere espressione, e altri elementi che qui tralasciamo.
Ciò su cui, però credo si debba insistere per la realizzazione di un vero e proprio rapporto organico che leghi fra loro iniziativa e ambiente umano e «logistico» é, allo stato iniziale, una mediazione o, meglio, una vera e propria ricerca a diversi livelli al fine di reperire un primo equilibrio (in una dinamica generale prefissata) fra la obiettiva e reale disponibilità ambientale e i valori artistici e culturali costituenti il punto finale cui si vuol pervenire.
Giacchè non ogni disponibilita ambientale, valida o meno nelle espressioni, assurge a fatto di rilievo artistico e non ogni fatto artistico è di per se stesso idoneo ad essere giustamente e attivamente recepito comunque e ovunque.
Ecco perché i «fatti di base», se privi di opportuno respiro e, se si vuole, anche di tecnica espressiva moderna, divengono solo ripiegamenti contemplativi quasi archeologici, comunque municipalistici e finiscono col reprimere ogni energia originale e creativa.
Cosi come un evento artistico quando è calato dall'alto, se é vero che, proprio perché artistico, produce sempre una reazione positiva, tuttavia, questa è limitata rispetto
alla potenzialità (per la sua origine) ed ancor più contenuta in quanto episodica.
Ed allora, nel|'opera di avvicinamento, non artificioso e dal di fuori, ma «intimo» dei due elementi, bisogna procedere attraverso successivi punti d’equilibrio, successive tappe.
Gia negli anni precedenti fisionomizzato positivamente in altre componenti, quest’anno il nostro festival spera di spostare in avanti la sua caratterizzazione, il suo taglio culturale, verso la creazione di un moderno ed evoluto avvenimento di arte e di cultura.
Alcuni ostacoli, peraltro non nuovi perché tipici in ogni fatto simile, si frapporranno al raggiungimento di quegli intenti.
Ostacoli contro i quali bisognerà lottare per la stessa sopravvivenza del Festival, al fi-ne di non farlo diventare, a tempi piu o meno brevi, un cimitero di ovvietà o un momento di provincialismo autosufficiente, o ancora, in altro senso, come succede ad altre rassegne più o meno famose, un_ritrovo per superate ed arcaiche velleità di ristrette èlites autocompiaciute.
L'uno o l’altro (o ambedue), questi rischi sono stati sempre presenti ma ora piu che mai proprio in ragione del processo di avvicinamento alla creazione di un certo rapporto organico di cui s'é detto; infatti, tale processo, se male inteso, crea l'equivoco, sempre difficile da sradicare ovunque, di una rivalutazione municipalistico-autarchica, di un campanilismo i cui valori non travalicano la cinta cittadina tutt’al più, lasciando ogni cosa ed ogni uomo chiusi in un ghetto provinciale.
Questa sarebbe per il Festival una morte per asfissia, privo, come si ridurrebbe ad essere, di spazi, respiri e valori culturali obiettivi.
E, d'altra parte, altra ingloriosa fine raggiungerebbe il Festival se, dimenticando la propria origine e la propria ragione di avvenimento di collettività, di massa, accogliesse le sollecitazioni a indirizzi calligrafici, stimolanti per chi ha della cultura una concezione superata storicamente, direi antidialettica, avulsa dalla realtà e assisa sulle nuvole. ln definitiva neutralistica e qualunquista.
Da qui, la necessità di mantenere salda la linea di questa nostra iniziativa di fronte alle mille, anche in buona fede, lusinghe di eversione: debbono venire (e ciò ci ha sempre ispirati) i contributi attivi e fattivi di chiunque e, possibilmente, di tutti dato che di tutti e il Festival, poggiato su una piattaforma democratica e di partecipazione aperta: ma contributi atti ad evolvere quella linea non già a disattenderla o a polverizzarla in disorganiche direzioni di casuali eventi, a volte pure, separatamente o ciascuno, positivi in altri contesti.
ll nostro Festival ha la faccia che si è dato e che ha ritenuto opportuno darsi, originale, non avendola ricalcata dalla faccia di nessun altro: a cercar di cambiarla, o se ne fa una brutta imitazione di altre o, addirittura, si perde ogni fisionomia.
ll 6° Festival, pertanto, insistendo sulla propria impostazione culturale alla ricerca di quel rapporto organico di cui si diceva prima, dovrebbe dire qualcosa di nuovo.
Download the catalogue
