1974
16 - 28 luglio
direzione artistica PIERO PATINO
Il festival
Siamo alla quarta edizione del Festival. Dopo quattro anni di direzione artistica di questa iniziativa, credo mi sia possibile considerare alcuni elementi di bilancio complessivo, in relazione agli obiettivi posti fin dallanno della fondazione, alle scelte culturali di allora e di oggi, alle prospettive future.
Allorchè, nel 1971, nacque il Festival, l'Amministrazione che lo ha voluto e noi stessi che con essa lo abbiamo realizzato, ci trovammo immediatamente di fronte a un bivio.
O fare qualcosa di già fatto, di già visto, di gia collaudato da altri, altrove, imitandone più o meno schemi, impostazione e programmi, assicurandoci cosi facile successo e facile popolarità nel senso deteriore ma tuttavia spesso amata: in pratica, compiere un'operazione "ripetitiva" in senso culturale.
Ovvero fare qualcosa di nuovo, non gia per la novità in se stessa, bensi per una novità che rappresentasse un no al monopolio culturale ufficiale, un no all'asservimento al colonialismo e paternalismo centrale, un no alla abdicazione alle possibilità e capacità creative autonome, un no, infine, a ridursi veicolo di un teatro caro all'ufficialità che, lungi da sollecitare lo spirito critico, contribuisse ad addormentare le coscienze, già violentemente strattonate senza pietà alcuna da altri mezzi di comunicazione, come radio, tv giornali, ecc., che sono la longe manus, molto spesso, di chi ha interesse appunto a protrarre più a lungo possibile lo stato di torpore delle coscienze.
A noi interessava e interessa un'operazione culturale completamente opposta. In pratica, era da compiere un'operazione non ripetitiva bensì "creativa". E la scelta non risultò affatto l'esito di mille travagli: fu facile e immediata perchè essa preesisteva al Festival, lo aveva preceduto ed esso, semmai, fu un esperimento organico e stabile di una scelta e di una precisa convinzione precedenti. Al bivio imboccammo subito la strada di una esperienza "creativa".
Questa iniziativa fu, lo credo, soprattutto un atto di coraggio collettivo, su una precisa scelta culturale.
Avendo fiducia nella potenzialità critica e quindi di partecipazione e quindi di autonomia creativa e ricettiva della base e avendo come oblettivo la responsabilizzazione di questa base popolare al fatto culturale (responsabilizzazione che è ottenibile solo attraverso la partecipazione in varia misura al fatto stesso) avendo tutto ciò come oblettivo e quindi lotta spietata al consumismo evasivo e deprimente e al livellamento, abbiamo scelto la via di un effettivo decentramento nella determinazione dell'evento culturale. L'azione culturale erogata centralmente è spesso manipolata perchè ufficiale: non potemmo allora e non possiamo oggi fingere di ignorarlo. In questi quattro anni ci siamo sforzati di essere fedeli alla linea voluta e all'impostazione nella quale crediamo.
Nella ricerca di approfondimento democratico e di sollecitazioni alle parteclpazloni di base abbiamo evitato di cadere nel trabocchetto costituito dalle varie forme di estremismo che, di volta in volta e spesso con suggestione, ci si presentavano sotto forma di richieste di assemblearismo, richieste di forzature di vario genere non escluse quelle estetiche decisa rottura di schemi teatrali che, si, vanno mutati, anche con spregiludicatezza ma non sic et simpliciter distrutti senze alternative come se la distruzione in stessa fosse un fatto culturale.
E questa nostra linea non è stata il risultato di prevenzione cieco e greve, di pregiudizio nei confronti di proposte altrui, bensì espressione dellintimo convincimento che nelle varie forme di radicalismo, di estremismo è, in sostanza, una negazione culturale.
Altra cura di questi tre anni di festival è stata quella di realizzare da una parte una piattaforma precisa, un taglio chiero e inconfondibile, su cui incanalare l'iniziativa cosi caratterizzata, (e in cio, per unanimi consensi di stampa e pubblico, siamo riusciti) e, dall'altra parte, di realizzere, pur sempre nelle complessiva organicità e omogeneità del tutto, alcuni confronti pratici e non teoria, confronti di palcoscenico con i tagli diversi. Questo sforzo dialettico non sempre ha dato i risultati che il proponevamo e non sempre è riuscito.
Il Festival è un evento di teatro, di spettacoli e non sempre ci è stato possibile condurre a Santarcangelo spettacoli di alternativa alle nostra impostazione affinché il pubblico facesse i debiti raffronti: ciò soprattutto perchè come è noto la vita teatrale Italiana, specie in estate, è estremamente precaria e non con ente, spesso, une necessaria selezione al fine di condurre al festival una effettiva alternativa culturale che non sia una qualunque alternativa, un qualunque altro spettacolo di linea diversa.
La fisionomizzazlone della nostra rassegna come evento soclale oltre che artistico e culturale, ha saldato intorno ad essa la base popolare ed antifascista, le forze democratiche e progressiste al di là della zona ove fatto si svolge, coinvolgendo interessi anche a livello nazionale.
Ma poiché ciò non deve servircl da etichetta che, una volta applicata sul prodotto lo qualifichi, bisognerà negli anni a venire, che quella fisionomizzazione sia sempre rinnovata non già a parole, sempre peraltro facili, bensi con fatti precisi: e deve trattarsi di fatti artistici, di fattl culturali, di eventi di palcoscenico.
Altrimenti si produrrà uno scollamento fra enunciazione e realizzazione.
Abbiamo altresi curato, in questi anni, di iniziare (e i risultati sono confortanti) il discorso fattivo dei rapporti di tipo nuovo da determinare fra gli esecutori dello spettacolo (attori-autori-registi) e di destinatari (pubblico). É un discorso a tempi non brevi e, in definitiva, è un obiettivo e non un punto di partenza. Ma proprio per questo lo abbiamo intrapreso subito ed in questi tre anni si è sviluppato proprio nei termini che cl erevamo prefissi, vale a dire di crescente responsabilizzazione del pubblico all'evento artistico, di graduale rottura dello schema tradizionale del destinatario che riceve passivamenté e contemplativamente un prodotto erogato dal realizzatore dell'opera. Con tale ottica va guardato il significato quasl emblematico della piazza ove facclamo teatro. É piazza non solo in termini puramente logistici, ma soprattutto in termini d'occasione e di incontro fra uomini, di sviluppo dialettico di rapporti e di fatti, fra cui i rapporto e il fatto culturale.
Al di là d'ogni comodo e falso neutralismo, d'ogni forma di agnosticismo, impossibill in eventi culturali di valore ove, specie per il teatro, la conflittualita a vari livelli e prolezioni è la base vivificante di ricerca e creatività, abbiamo complessivamente teso in questi anni di festival, a dare tutti con passione e con fiducia, anche se modesto un contributo alla linea di "riumanizzazione deil rapporti fra uomo e fatto artistico, fra uomo e ambiente, fra uomo e socletà. E crediamo fermamente che il teatro sia un tramite fra i migliori all'evento finale dell'uomo che ritrova se stesso in una dimensione di coscienza nuova acquisita, di critica, di libertà.
Download the catalogue
direzione artistica PIERO PATINO
Il festival
Siamo alla quarta edizione del Festival. Dopo quattro anni di direzione artistica di questa iniziativa, credo mi sia possibile considerare alcuni elementi di bilancio complessivo, in relazione agli obiettivi posti fin dallanno della fondazione, alle scelte culturali di allora e di oggi, alle prospettive future.
Allorchè, nel 1971, nacque il Festival, l'Amministrazione che lo ha voluto e noi stessi che con essa lo abbiamo realizzato, ci trovammo immediatamente di fronte a un bivio.
O fare qualcosa di già fatto, di già visto, di gia collaudato da altri, altrove, imitandone più o meno schemi, impostazione e programmi, assicurandoci cosi facile successo e facile popolarità nel senso deteriore ma tuttavia spesso amata: in pratica, compiere un'operazione "ripetitiva" in senso culturale.
Ovvero fare qualcosa di nuovo, non gia per la novità in se stessa, bensi per una novità che rappresentasse un no al monopolio culturale ufficiale, un no all'asservimento al colonialismo e paternalismo centrale, un no alla abdicazione alle possibilità e capacità creative autonome, un no, infine, a ridursi veicolo di un teatro caro all'ufficialità che, lungi da sollecitare lo spirito critico, contribuisse ad addormentare le coscienze, già violentemente strattonate senza pietà alcuna da altri mezzi di comunicazione, come radio, tv giornali, ecc., che sono la longe manus, molto spesso, di chi ha interesse appunto a protrarre più a lungo possibile lo stato di torpore delle coscienze.
A noi interessava e interessa un'operazione culturale completamente opposta. In pratica, era da compiere un'operazione non ripetitiva bensì "creativa". E la scelta non risultò affatto l'esito di mille travagli: fu facile e immediata perchè essa preesisteva al Festival, lo aveva preceduto ed esso, semmai, fu un esperimento organico e stabile di una scelta e di una precisa convinzione precedenti. Al bivio imboccammo subito la strada di una esperienza "creativa".
Questa iniziativa fu, lo credo, soprattutto un atto di coraggio collettivo, su una precisa scelta culturale.
Avendo fiducia nella potenzialità critica e quindi di partecipazione e quindi di autonomia creativa e ricettiva della base e avendo come oblettivo la responsabilizzazione di questa base popolare al fatto culturale (responsabilizzazione che è ottenibile solo attraverso la partecipazione in varia misura al fatto stesso) avendo tutto ciò come oblettivo e quindi lotta spietata al consumismo evasivo e deprimente e al livellamento, abbiamo scelto la via di un effettivo decentramento nella determinazione dell'evento culturale. L'azione culturale erogata centralmente è spesso manipolata perchè ufficiale: non potemmo allora e non possiamo oggi fingere di ignorarlo. In questi quattro anni ci siamo sforzati di essere fedeli alla linea voluta e all'impostazione nella quale crediamo.
Nella ricerca di approfondimento democratico e di sollecitazioni alle parteclpazloni di base abbiamo evitato di cadere nel trabocchetto costituito dalle varie forme di estremismo che, di volta in volta e spesso con suggestione, ci si presentavano sotto forma di richieste di assemblearismo, richieste di forzature di vario genere non escluse quelle estetiche decisa rottura di schemi teatrali che, si, vanno mutati, anche con spregiludicatezza ma non sic et simpliciter distrutti senze alternative come se la distruzione in stessa fosse un fatto culturale.
E questa nostra linea non è stata il risultato di prevenzione cieco e greve, di pregiudizio nei confronti di proposte altrui, bensì espressione dellintimo convincimento che nelle varie forme di radicalismo, di estremismo è, in sostanza, una negazione culturale.
Altra cura di questi tre anni di festival è stata quella di realizzare da una parte una piattaforma precisa, un taglio chiero e inconfondibile, su cui incanalare l'iniziativa cosi caratterizzata, (e in cio, per unanimi consensi di stampa e pubblico, siamo riusciti) e, dall'altra parte, di realizzere, pur sempre nelle complessiva organicità e omogeneità del tutto, alcuni confronti pratici e non teoria, confronti di palcoscenico con i tagli diversi. Questo sforzo dialettico non sempre ha dato i risultati che il proponevamo e non sempre è riuscito.
Il Festival è un evento di teatro, di spettacoli e non sempre ci è stato possibile condurre a Santarcangelo spettacoli di alternativa alle nostra impostazione affinché il pubblico facesse i debiti raffronti: ciò soprattutto perchè come è noto la vita teatrale Italiana, specie in estate, è estremamente precaria e non con ente, spesso, une necessaria selezione al fine di condurre al festival una effettiva alternativa culturale che non sia una qualunque alternativa, un qualunque altro spettacolo di linea diversa.
La fisionomizzazlone della nostra rassegna come evento soclale oltre che artistico e culturale, ha saldato intorno ad essa la base popolare ed antifascista, le forze democratiche e progressiste al di là della zona ove fatto si svolge, coinvolgendo interessi anche a livello nazionale.
Ma poiché ciò non deve servircl da etichetta che, una volta applicata sul prodotto lo qualifichi, bisognerà negli anni a venire, che quella fisionomizzazione sia sempre rinnovata non già a parole, sempre peraltro facili, bensi con fatti precisi: e deve trattarsi di fatti artistici, di fattl culturali, di eventi di palcoscenico.
Altrimenti si produrrà uno scollamento fra enunciazione e realizzazione.
Abbiamo altresi curato, in questi anni, di iniziare (e i risultati sono confortanti) il discorso fattivo dei rapporti di tipo nuovo da determinare fra gli esecutori dello spettacolo (attori-autori-registi) e di destinatari (pubblico). É un discorso a tempi non brevi e, in definitiva, è un obiettivo e non un punto di partenza. Ma proprio per questo lo abbiamo intrapreso subito ed in questi tre anni si è sviluppato proprio nei termini che cl erevamo prefissi, vale a dire di crescente responsabilizzazione del pubblico all'evento artistico, di graduale rottura dello schema tradizionale del destinatario che riceve passivamenté e contemplativamente un prodotto erogato dal realizzatore dell'opera. Con tale ottica va guardato il significato quasl emblematico della piazza ove facclamo teatro. É piazza non solo in termini puramente logistici, ma soprattutto in termini d'occasione e di incontro fra uomini, di sviluppo dialettico di rapporti e di fatti, fra cui i rapporto e il fatto culturale.
Al di là d'ogni comodo e falso neutralismo, d'ogni forma di agnosticismo, impossibill in eventi culturali di valore ove, specie per il teatro, la conflittualita a vari livelli e prolezioni è la base vivificante di ricerca e creatività, abbiamo complessivamente teso in questi anni di festival, a dare tutti con passione e con fiducia, anche se modesto un contributo alla linea di "riumanizzazione deil rapporti fra uomo e fatto artistico, fra uomo e ambiente, fra uomo e socletà. E crediamo fermamente che il teatro sia un tramite fra i migliori all'evento finale dell'uomo che ritrova se stesso in una dimensione di coscienza nuova acquisita, di critica, di libertà.
il direttore artistico
PIERO PATINO
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