2010
9 - 18 luglio
direzione artistica ENRICO CASAGRANDE
Rosso 186 C
II cuore è un piccolo muscolo rispetto alla massa di un corpo: voglio scrivere di Santarcangelo 40 provando a mettere a nudo il cardine rosso che lo alimenta.
Lo immagino come centro propulsore di flussi, esplosioni e innesti. Un’esplosione crea varchi, fessure, polvere e macerie... distrugge, ma prepara i territori alla nuova semina, a coltivazioni alternative e prodigiosi "orti urbani”. Portage propone come gesto creativo una deflagrazione, atto apparentemente distruttivo che presuppone una trasformazione profonda, un cambiamento radicale: il contagio tra fuori e dentro. E ora ho bisogno di atti significanti e unici, capaci di far saltare in aria quello che è superfluo e di maniera.
Vedo Santarcangelo 40 come un’esplosione di rosso. Un colore dimenticato dalla politica e dalla moda. Forse perché troppo appariscente? O troppo scomodo? È banalmente il colore della passione, il colore del sangue, il colore della rivolta: lo scrivo con uno sfrontato senso nostalgico con cui convivo senza vergogna.
Vedo i giovani greci affrontare un armatissimo corpo di polizia con delle semplici bandiere rosse e mi commuovo. Allora immagino l’insieme degli artisti come detonatori potenti che, con pochi mezzi e affilate parole, fronteggiano un apparato istituzionale barricato in se stesso, accecato dalla propria bramosia di potere. Creano varchi e, a volte, trovano anche qualche alleato sapiente...
Mi nutro di queste immagini per resistere alla tentazione dell’assopimento, per continuare a credere nella potenza del rischio.
Questo festival, che non è solo un festival, si snoda nell’imprevedibile, accoglie come pagina "rossa” in attesa, proposte che dialogano con le estremità, i margini, le zone di scambio. Cortili, strade, piazze e abitazioni del paese ospitano interventi artistici che interrogano il quotidiano, sobillano il quieto vivere, "sporcano” il teatro con pezzi di mondo scomodi o fuori misura: rilanciano e amplificano la domanda "Chi e il mio prossimo?” cui dedichiamo un incontro e una serie di documentari di giovani studenti di cinema.
Questo festival, che non è solo un festival, è raduno, branco, assembramento di persone vogliose di dialogo tra loro e con tutti quelli disposti a fermarsi, anche solo per un momento. Essere indifferenti o partigiani? Chiede al pubblico la performer Valentina Vetturi. In questa domanda risiede l’urgenza di Santarcangelo quarantenne: l’attuale governo del paese lucra sull’indifferenza, relega la cultura e la ricerca alla categoria dell’inutile, decreta la nostra scomparsa. Non sara così semplice. Pensiamo all’immenso valore propulsivo, "singolare e plurale”, che ogni atto artistico detiene in potenza... Siamo pochi ma tanti.
Abbiamo invitato molti artisti che agiscono con lo spettatore, abbattono le barriere che nella convenzione teatrale separano chi "si esibisce” e chi guarda. Un altro limite esplode e il pubblico tutto diventa attore, parte fondante dell’opera: i Manifesti rossi attendono proposte, così come i progetti "Vorrei e potrei” e "Strike!”, e tutti gli artisti presenti che interrogano il qui e ora da poli diversi del pianeta, dal Giappone, al Libano, all'Argentina...
Questo festival, che non è solo un festival, ha un centro rosso infuocato, rosso pantone 186 C, che deborda dal teatro, espandendosi in più direzioni. È un festival fatto di artisti che aprono nuove finestre, anziché chiuderle.
E, nonostante il clima cupo e intollerante, ESCono a cielo aperto, si sdraiano e respirano. Senza paure. Per cercare insieme l’origine e la specificità della parola festival, che non può essere vetrina ma luogo del rischio, della scoperta, della messa in gioco, della comunione.
Siamo figli di un tempo che fa paura per la sua impermeabilità a... a tutto! Un oggi che urla, che non trova domani bussa dall’esterno e l’arte lo ascolta, e documenta, e trascrive nei propri linguaggi il multistrato del mondo.
Gesti semplici e meditati, necessari, che gettano le fondamenta di una comune epifania. Un’esplosione immaginata nel nero del teatro crea legami profondi con l’esterno, con la luce naturale, con i rumori della città. Ombre lunghe escono dalle fessure e si arrampicano sui muri a dismisura, fino a farsi verticali, enormi. Sono di breve durata, evanescenti come ogni spettacolo, ma possono lasciare solchi indelebili nella memoria.
E invitare all’azione.
Santarcangelo 2009-2011 vede alla direzione del festival tre artisti dalle poetiche molto diverse e apparentemente inconciliabili. La nostra scommessa sta proprio qui: nel riunirci in un nucleo allargato, dove la vocazione visionaria, quella teorica e quella organizzativa si fondano in un unico corpo, e nel coniugare la radicalità delle singole visioni con la condivisione di un orizzonte in cui possa collocarsi la ricchezza di questo festival, luogo di pratiche teatrali di erenti e di sperimentazione corpo a corpo con la società.
Pensiamo a un festival che non si tiri indietro davanti alla sfida di incrociare il presente, consapevoli che tale sfida possa avvenire solo sotto stili e linguaggi di differenti; e se la terna dei direttori può far pensare a una staffetta siamo qui a sottolineare l’andamento unitario del nostro triennio, centrato su alcuni punti comuni sui quali lavoreremo insieme fino al 2011:
1. L’ideazione di un coordinamento critico-organizzativo triennale composto da Silvia Bottiroli, Rodolfo Sacchettini e Cristina Ventrucci.
2. L’avvio di un sistema di residenze da svolgersi nello spazio tra i festival, per dare occasione ai gruppi che lo vorranno di confrontarsi con noi e col coordinamento, nel vivo della pratica scenica, e per porre come centrale la questione della trasmissione del sapere scenico.
3. Il ritorno alla piazza, guardando alla tradizione di questi trentanove anni di festival, ai cittadini.
4. La scelta di una grafica comune per l’intero triennio, ad opera di un disegnatore che lavora a stretto contatto con la direzione artistica.
5. Lo slancio verso la costruzione di un teatro a Santarcangelo, pensata attraverso un recupero architettonico, antico desiderio mai realizzato.
6. La creazione di un’ospitalità a basso costo, perché si possa partecipare al festival con facilità.
7. La condivisione delle relazioni nazionali e internazionali delle nostre compagnie a favore del festival.
Ogni annualità avrà quindi il suo “colore” specifico, dato dal direttore che si incaricherà del disegno: ma come nella costruzione di un polittico a più ante, l’“opera” nascerà dal concorso di sguardi diversi e di un unico fare.
Scarica il catalogo
direzione artistica ENRICO CASAGRANDE
Rosso 186 C
II cuore è un piccolo muscolo rispetto alla massa di un corpo: voglio scrivere di Santarcangelo 40 provando a mettere a nudo il cardine rosso che lo alimenta.
Lo immagino come centro propulsore di flussi, esplosioni e innesti. Un’esplosione crea varchi, fessure, polvere e macerie... distrugge, ma prepara i territori alla nuova semina, a coltivazioni alternative e prodigiosi "orti urbani”. Portage propone come gesto creativo una deflagrazione, atto apparentemente distruttivo che presuppone una trasformazione profonda, un cambiamento radicale: il contagio tra fuori e dentro. E ora ho bisogno di atti significanti e unici, capaci di far saltare in aria quello che è superfluo e di maniera.
Vedo Santarcangelo 40 come un’esplosione di rosso. Un colore dimenticato dalla politica e dalla moda. Forse perché troppo appariscente? O troppo scomodo? È banalmente il colore della passione, il colore del sangue, il colore della rivolta: lo scrivo con uno sfrontato senso nostalgico con cui convivo senza vergogna.
Vedo i giovani greci affrontare un armatissimo corpo di polizia con delle semplici bandiere rosse e mi commuovo. Allora immagino l’insieme degli artisti come detonatori potenti che, con pochi mezzi e affilate parole, fronteggiano un apparato istituzionale barricato in se stesso, accecato dalla propria bramosia di potere. Creano varchi e, a volte, trovano anche qualche alleato sapiente...
Mi nutro di queste immagini per resistere alla tentazione dell’assopimento, per continuare a credere nella potenza del rischio.
Questo festival, che non è solo un festival, si snoda nell’imprevedibile, accoglie come pagina "rossa” in attesa, proposte che dialogano con le estremità, i margini, le zone di scambio. Cortili, strade, piazze e abitazioni del paese ospitano interventi artistici che interrogano il quotidiano, sobillano il quieto vivere, "sporcano” il teatro con pezzi di mondo scomodi o fuori misura: rilanciano e amplificano la domanda "Chi e il mio prossimo?” cui dedichiamo un incontro e una serie di documentari di giovani studenti di cinema.
Questo festival, che non è solo un festival, è raduno, branco, assembramento di persone vogliose di dialogo tra loro e con tutti quelli disposti a fermarsi, anche solo per un momento. Essere indifferenti o partigiani? Chiede al pubblico la performer Valentina Vetturi. In questa domanda risiede l’urgenza di Santarcangelo quarantenne: l’attuale governo del paese lucra sull’indifferenza, relega la cultura e la ricerca alla categoria dell’inutile, decreta la nostra scomparsa. Non sara così semplice. Pensiamo all’immenso valore propulsivo, "singolare e plurale”, che ogni atto artistico detiene in potenza... Siamo pochi ma tanti.
Abbiamo invitato molti artisti che agiscono con lo spettatore, abbattono le barriere che nella convenzione teatrale separano chi "si esibisce” e chi guarda. Un altro limite esplode e il pubblico tutto diventa attore, parte fondante dell’opera: i Manifesti rossi attendono proposte, così come i progetti "Vorrei e potrei” e "Strike!”, e tutti gli artisti presenti che interrogano il qui e ora da poli diversi del pianeta, dal Giappone, al Libano, all'Argentina...
Questo festival, che non è solo un festival, ha un centro rosso infuocato, rosso pantone 186 C, che deborda dal teatro, espandendosi in più direzioni. È un festival fatto di artisti che aprono nuove finestre, anziché chiuderle.
E, nonostante il clima cupo e intollerante, ESCono a cielo aperto, si sdraiano e respirano. Senza paure. Per cercare insieme l’origine e la specificità della parola festival, che non può essere vetrina ma luogo del rischio, della scoperta, della messa in gioco, della comunione.
Siamo figli di un tempo che fa paura per la sua impermeabilità a... a tutto! Un oggi che urla, che non trova domani bussa dall’esterno e l’arte lo ascolta, e documenta, e trascrive nei propri linguaggi il multistrato del mondo.
Gesti semplici e meditati, necessari, che gettano le fondamenta di una comune epifania. Un’esplosione immaginata nel nero del teatro crea legami profondi con l’esterno, con la luce naturale, con i rumori della città. Ombre lunghe escono dalle fessure e si arrampicano sui muri a dismisura, fino a farsi verticali, enormi. Sono di breve durata, evanescenti come ogni spettacolo, ma possono lasciare solchi indelebili nella memoria.
E invitare all’azione.
Enrico Casagrande
Santarcangelo 2009-2011 vede alla direzione del festival tre artisti dalle poetiche molto diverse e apparentemente inconciliabili. La nostra scommessa sta proprio qui: nel riunirci in un nucleo allargato, dove la vocazione visionaria, quella teorica e quella organizzativa si fondano in un unico corpo, e nel coniugare la radicalità delle singole visioni con la condivisione di un orizzonte in cui possa collocarsi la ricchezza di questo festival, luogo di pratiche teatrali di erenti e di sperimentazione corpo a corpo con la società.
Pensiamo a un festival che non si tiri indietro davanti alla sfida di incrociare il presente, consapevoli che tale sfida possa avvenire solo sotto stili e linguaggi di differenti; e se la terna dei direttori può far pensare a una staffetta siamo qui a sottolineare l’andamento unitario del nostro triennio, centrato su alcuni punti comuni sui quali lavoreremo insieme fino al 2011:
1. L’ideazione di un coordinamento critico-organizzativo triennale composto da Silvia Bottiroli, Rodolfo Sacchettini e Cristina Ventrucci.
2. L’avvio di un sistema di residenze da svolgersi nello spazio tra i festival, per dare occasione ai gruppi che lo vorranno di confrontarsi con noi e col coordinamento, nel vivo della pratica scenica, e per porre come centrale la questione della trasmissione del sapere scenico.
3. Il ritorno alla piazza, guardando alla tradizione di questi trentanove anni di festival, ai cittadini.
4. La scelta di una grafica comune per l’intero triennio, ad opera di un disegnatore che lavora a stretto contatto con la direzione artistica.
5. Lo slancio verso la costruzione di un teatro a Santarcangelo, pensata attraverso un recupero architettonico, antico desiderio mai realizzato.
6. La creazione di un’ospitalità a basso costo, perché si possa partecipare al festival con facilità.
7. La condivisione delle relazioni nazionali e internazionali delle nostre compagnie a favore del festival.
Ogni annualità avrà quindi il suo “colore” specifico, dato dal direttore che si incaricherà del disegno: ma come nella costruzione di un polittico a più ante, l’“opera” nascerà dal concorso di sguardi diversi e di un unico fare.
Chiara Guidi/Socìetas Raffaello Sanzio 2009
Enrico Casagrande/Motus 2010
Ermanna Montanari/Teatro delle Albe 2011
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