1999
TAMBURI NELLA NOTTE
La mia prima Africa ha il muso butterato di un vecchio leone senza criniera. Era arrivato nella bassa padana al seguito di un piccolo circo che aveva drizzato la tenda a un incrocio di campagna. Un nano col tamburo di latta aveva fatto il giro di tutte le case sperse in mezzo ai campi: "un leone, un vero leone africano a Barabol". Alla sera le quattro panche intorno alla pista - non più grande della cucina di casa - erano colme di gente. Aspettavamo pazienti che il mago, la contorsionista e il pagliaccio finissero i loro numeri per lasciare il posto al re della serata. Eccolo che viene! Annunciato con solennità, e poi tirato con decisione dal banditore—domatore, un grosso animale emerge a passi esitanti dal buio della notte trascinando il ventre sull'erba. Un gran ruggito esce da un grammofono alle nostre spalle e la bestia si accascia al centro della pista. Piedi nudi di bambini si ritraggono sotto le panche. Ancora ruggiti. Gli adulti ridacchiano. Il disco graffiato fa un altro giro. E poi un altro. Il leone a terra non si muove. Lo spettacolo è finito. Piedi nudi di bambini sfilano fuori nella notte d'estate accanto al vecchio leone drogato che continua a dormire. Nessuno era riuscito a vedergli le zanne.
Andres: Senti? Suonano i tamburi. Dobbiamo andare!
Nell'oasi del Festival, incrocio di sentieri e di viandanti, noi che ci ostiniamo a camminare a piedi nudi nella notte adriatica, incontriamo oggi nuovamente la madre Africa, che un tempo abbiamo invaso e che ora ricambia la visita. Nell'oasi del festival ospitiamo oggi il circo e le sue arti, e interroghiamo il volto antico della maschera riflesso nelle opere e nelle immagini dei teatri contemporanei disseminate in cento bivacchi. Un festival pensato per villaggi e tenacemente legato ai luoghi e al paesaggio. Un festival che nutre i suoi eventi di luoghi forti e antichi: ville, campagne, grotte, strade e piazze, teatri e spiagge. Eventi aperti a nuova vita e al dialogo con nuove situazioni proprio perché fortemente radicati. Luoghi segnati ciascuno da un fuoco e da un'attesa, e abitati da vere e proprie tribù che hanno fatto del nomadismo e del dialogo fra arti, lingue e culture diverse la loro cifra espressiva e di vita.
Il campo sotto il muro fortificato dello Sferisterio ospiterà la casa di Spiriti d'Africa inaugurata da alcuni festosi incontri di riconoscimento: con Sotigui Kouyaté grandissimo maestro passato dal Burkina Faso in Europa sotto la guida di Peter Brook; con l'arte impura del Teatro delle Albe e il loro racconto per lampi che ripercorre dodici anni di Romagna africana; con il maestro tunisino Mohamed Driss e le sue storie del Mediterraneo. Seguiranno Amlima (Togo) e Ymako Teatri (Costa d'Avorio, presente anche con una provocatoria incursione di "teatro invisibile") che sanno trasportare sul grande palcoscenico lo spirito del cerchio intorno al fuoco. A conclusione l’Africa "celiniana" della Societas Raffaello Sanzio in concerto: Voyage au bout de la nuit.
Woyzecki: Silenzio, è tutto silenzio, come se il mondo fosse morto.
Nel vecchio campo della fiera, come si chiamava un tempo, proprio accanto all'Africa dello Sferisterio, pianterà la sua tenda Circus Ronaldo, primo appuntamento del festival con l'arte popolare d’Occidente, che nel corso dei giorni invaderà le piazze e le vie delle contrade con laboratori a cielo aperto, narratori e burattinai, le fiabe boliviane del Teatro de Los Andes e la musica dei popoli nella piazza grande. In piazza Balacchi si potrà vedere l'ultimo lavoro di Bolek Polivka che riporta a Santarcangelo un protagonista assoluto di tante passate edizioni e nella mappa del festival una delle sue piazze storiche.
La grandiosa cornice di Villa Torlonia, cara alla poesia di Giovanni Pascoli, nella campagna fra Santarcangelo e San Mauro, diventa dimora esclusiva di Parsifal del Teatro Valdoca, evento speciale per il festival, opera di teatro e musica con attori e danzatori e la partecipazione straordinaria di Danio Manfredini. In altre direzioni, nelle campagna fino al mare, si snoderà il sentiero di Opera della notte al seguito dell'affabulazione di Giuliano Scabia. Nel cammino ci orienta la notte, che gli antichi Greci dicevano figlia del Caos e madre del cielo e della terra. Notte che genera il sonno e la morte, i sogni e le angosce, le tenerezze e gli inganni; e nutre le gestazioni che risplenderanno in manifestazioni di vita. E a notte fonda, sulla spiaggia del mare Adriatico, oggi campo martoriato dai seminatori di frontiere, ci aspetta "Tragedia a mmare" di Alfonso Santagata, con gli attori del suo circo stralunato sulle tracce di antichi Eroi e Dei di Grecia nuovamente coinvolti nelle vicende umane. Notte e anche l'inizio del giorno, alba sul mare per questa sponda dell'Adriatico.
Augusta: Chi sei?
Kragler: Nessuno!
Mediterraneo, mare angelico e diabolico, ricco di rotte e di approdi, patria di Odisseo, cavaliere del mare a re pastore che mescola Menzogna e Verità, Amore e Infedeltà. Errante e insieme ricolmo del desiderio di tornare Mediterraneo, giacimento babelico di lingue madri, immagine vivente di pluralità e molteplicità, di scontri e scambi. Altrettanto mobile, fluida e frastagliata e la geografia disegnata dai gruppi della ricerca e delle nuove drammaturgie presenti al festival con novità, riprese e progetti speciali e una costante attenzione alla singolarità dei luoghi e degli approdi. Ecco allora, fra le novità assolute, il collaudato sodalizio Bertoni-Abbondanza-Quintavalla—Stori con "Bianco come la neve, rosso come il sangue", realizzato nel teatro di Longiano, e Tanti Cosi Progetti con "Lola Montes"; il progetto Motus per Palazzo Cenci; il Teatro del Lemming che scende nelle grotte tufacee per raccontare a due spettatori alla volta di Amore e Psiche, e Area Piccola che torna al festival con "Fatima blues", avviato nella scorsa edizione. E ancora: "Eva futura" ultimo lavoro di Masque Teatro, il Tam Teatro Musica insieme ai detenuti di diverse nazionalità del carcere di Padova con "Fratellini di legno", e i gruppi L'Impasto e Libera Mente (presente anche con "Storia spettacolare di Guyelmo el Pesado che voleva rovesciare il mondo" e "La discesa") impegnati per la prima volta in un progetto comune ispirato al verbo deglI uccelli di Farid Addin 'Attar che debutta al parco della Fornace.
E poi le nuovissime proposte emerse dal Premio Scenario, i laboratori e i cantieri di lavoro, per coltivare e tramandare il sapere dei maestri e per progettare future imprese. Un laboratorio con Cecilia Kankonda, cantante e attrice, testimone della ricerca poetica di Thierry Salmon; con Kuniaki Ida che nel segno di Jaques Lecoq coniuga antica farsa giapponese e Commedia dell'Arte; con Bano Ferrari e le sue famiglie di clown che si esibiranno all'improvviso. E ancora Gianni Manzella che con l'Associazione Art'o realizzerà un laboratorio che farà dono al festival del suo giornale quotidiano. Prove aperte per Giovanni Boni che dirige Graziella Possenti e Aldo Vivoda nel progetto Verso "Antonio e Cleopatra".E cantiere aperto per Pippo Delbono, presente con gli spettacoli "Guerra" e "La rabbia", che in una casa di campagna presso Santarcangelo ospiterà i primi incontri per uno spettacolo da farsi, "Esodo", con la sua singolare compagnia di poeti "diversi", dove molte frontiere della terra e dell'uomo sono rappresentate. Dopo un lungo giro siamo cosi ritornati all’Africa.
Kragler: Sapete che vengo dritto dall'Africa? Ho in gola la parlata dei negri.
In questo tempo di migrazioni senza promessa di ritorno, la Patria e l'Esilio si confondono, si scambiano la maschera. Dietro la maschera comincia il mistero, e chi la indossa lo preserverà intatto. Egli si limiterà a portarla, sapendo che non deve imporre nulla. Sapendo che non c'e viaggio senza ritorno e non c'é ritorno senza racconto nel cerchio intorno al fuoco che dispone all'ascolto. Perché ogni racconto é nascita e fondazione, e il cerchio intorno al fuoco - ombra e tamburo, racconto e maschera,
danza e respiro - è casa degli spiriti, cui tutto è dovuto. Ecco l'Africa: e interrogarsi intorno alla vita dello spirito, e chiedersi se questa vita esiste. Non cercare delle forme, ma cercare attraverso una forma. Senza imporre nulla. Come suonare o ascoltare il tamburo, barca spirituale che trasporta dal mondo visibile all’invisibile.
Woyzecki: Vuoto, senti? Tutto vuoto qui sotto...
Quanti si chinano in ascolto del proprio cuore, come il soldato Woyzeck, sentono il galoppo della guerra molto prima che questa scoppi. Il primo tamburo è la terra che il danzatore percuote e fa risuonare con i suoi piedi. Tamburo in alcune lingue e femmina e madre. È all'origine del mondo, è tomba e culla di ogni cosa, il tamburo parla. La sua parola è il ponte fra cielo e terra.
Dunque il tamburo costruisce ponti. Perciò i tamburi sono custoditi e curati come esseri viventi. Anche il tamburo ha una sua dimora, al tamburo è imposto un nome, entra a far parte della famiglia. Nel tamburo a forma di clessidra i due cerchi opposti sono rivestiti con la pelle di un animale maschio e di un animale femmina. Le due pelli del tamburo sono orecchi con cui il cielo e la terra si ascoltano a vicenda. Se invece il tamburo è a una sola pelle vuol dire che l'altra metà sta in cielo. Il colpo sul grande tamburo è uno sguardo gettato sugli dei. Suonare il tamburo significa battere l'unica moneta che abbia corso fra gli dei e gli uomini.
Il nano picchia il suo tamburo "un leone, un vero leone africano a Barabo!"
SILVIO CASTIGLIONI
Direzione Artistica
MASSIMO MARINO
Co-direzione artistica
2 - 11 luglio 1999
La mia prima Africa ha il muso butterato di un vecchio leone senza criniera. Era arrivato nella bassa padana al seguito di un piccolo circo che aveva drizzato la tenda a un incrocio di campagna. Un nano col tamburo di latta aveva fatto il giro di tutte le case sperse in mezzo ai campi: "un leone, un vero leone africano a Barabol". Alla sera le quattro panche intorno alla pista - non più grande della cucina di casa - erano colme di gente. Aspettavamo pazienti che il mago, la contorsionista e il pagliaccio finissero i loro numeri per lasciare il posto al re della serata. Eccolo che viene! Annunciato con solennità, e poi tirato con decisione dal banditore—domatore, un grosso animale emerge a passi esitanti dal buio della notte trascinando il ventre sull'erba. Un gran ruggito esce da un grammofono alle nostre spalle e la bestia si accascia al centro della pista. Piedi nudi di bambini si ritraggono sotto le panche. Ancora ruggiti. Gli adulti ridacchiano. Il disco graffiato fa un altro giro. E poi un altro. Il leone a terra non si muove. Lo spettacolo è finito. Piedi nudi di bambini sfilano fuori nella notte d'estate accanto al vecchio leone drogato che continua a dormire. Nessuno era riuscito a vedergli le zanne.
Andres: Senti? Suonano i tamburi. Dobbiamo andare!
Nell'oasi del Festival, incrocio di sentieri e di viandanti, noi che ci ostiniamo a camminare a piedi nudi nella notte adriatica, incontriamo oggi nuovamente la madre Africa, che un tempo abbiamo invaso e che ora ricambia la visita. Nell'oasi del festival ospitiamo oggi il circo e le sue arti, e interroghiamo il volto antico della maschera riflesso nelle opere e nelle immagini dei teatri contemporanei disseminate in cento bivacchi. Un festival pensato per villaggi e tenacemente legato ai luoghi e al paesaggio. Un festival che nutre i suoi eventi di luoghi forti e antichi: ville, campagne, grotte, strade e piazze, teatri e spiagge. Eventi aperti a nuova vita e al dialogo con nuove situazioni proprio perché fortemente radicati. Luoghi segnati ciascuno da un fuoco e da un'attesa, e abitati da vere e proprie tribù che hanno fatto del nomadismo e del dialogo fra arti, lingue e culture diverse la loro cifra espressiva e di vita.
Il campo sotto il muro fortificato dello Sferisterio ospiterà la casa di Spiriti d'Africa inaugurata da alcuni festosi incontri di riconoscimento: con Sotigui Kouyaté grandissimo maestro passato dal Burkina Faso in Europa sotto la guida di Peter Brook; con l'arte impura del Teatro delle Albe e il loro racconto per lampi che ripercorre dodici anni di Romagna africana; con il maestro tunisino Mohamed Driss e le sue storie del Mediterraneo. Seguiranno Amlima (Togo) e Ymako Teatri (Costa d'Avorio, presente anche con una provocatoria incursione di "teatro invisibile") che sanno trasportare sul grande palcoscenico lo spirito del cerchio intorno al fuoco. A conclusione l’Africa "celiniana" della Societas Raffaello Sanzio in concerto: Voyage au bout de la nuit.
Woyzecki: Silenzio, è tutto silenzio, come se il mondo fosse morto.
Nel vecchio campo della fiera, come si chiamava un tempo, proprio accanto all'Africa dello Sferisterio, pianterà la sua tenda Circus Ronaldo, primo appuntamento del festival con l'arte popolare d’Occidente, che nel corso dei giorni invaderà le piazze e le vie delle contrade con laboratori a cielo aperto, narratori e burattinai, le fiabe boliviane del Teatro de Los Andes e la musica dei popoli nella piazza grande. In piazza Balacchi si potrà vedere l'ultimo lavoro di Bolek Polivka che riporta a Santarcangelo un protagonista assoluto di tante passate edizioni e nella mappa del festival una delle sue piazze storiche.
La grandiosa cornice di Villa Torlonia, cara alla poesia di Giovanni Pascoli, nella campagna fra Santarcangelo e San Mauro, diventa dimora esclusiva di Parsifal del Teatro Valdoca, evento speciale per il festival, opera di teatro e musica con attori e danzatori e la partecipazione straordinaria di Danio Manfredini. In altre direzioni, nelle campagna fino al mare, si snoderà il sentiero di Opera della notte al seguito dell'affabulazione di Giuliano Scabia. Nel cammino ci orienta la notte, che gli antichi Greci dicevano figlia del Caos e madre del cielo e della terra. Notte che genera il sonno e la morte, i sogni e le angosce, le tenerezze e gli inganni; e nutre le gestazioni che risplenderanno in manifestazioni di vita. E a notte fonda, sulla spiaggia del mare Adriatico, oggi campo martoriato dai seminatori di frontiere, ci aspetta "Tragedia a mmare" di Alfonso Santagata, con gli attori del suo circo stralunato sulle tracce di antichi Eroi e Dei di Grecia nuovamente coinvolti nelle vicende umane. Notte e anche l'inizio del giorno, alba sul mare per questa sponda dell'Adriatico.
Augusta: Chi sei?
Kragler: Nessuno!
Mediterraneo, mare angelico e diabolico, ricco di rotte e di approdi, patria di Odisseo, cavaliere del mare a re pastore che mescola Menzogna e Verità, Amore e Infedeltà. Errante e insieme ricolmo del desiderio di tornare Mediterraneo, giacimento babelico di lingue madri, immagine vivente di pluralità e molteplicità, di scontri e scambi. Altrettanto mobile, fluida e frastagliata e la geografia disegnata dai gruppi della ricerca e delle nuove drammaturgie presenti al festival con novità, riprese e progetti speciali e una costante attenzione alla singolarità dei luoghi e degli approdi. Ecco allora, fra le novità assolute, il collaudato sodalizio Bertoni-Abbondanza-Quintavalla—Stori con "Bianco come la neve, rosso come il sangue", realizzato nel teatro di Longiano, e Tanti Cosi Progetti con "Lola Montes"; il progetto Motus per Palazzo Cenci; il Teatro del Lemming che scende nelle grotte tufacee per raccontare a due spettatori alla volta di Amore e Psiche, e Area Piccola che torna al festival con "Fatima blues", avviato nella scorsa edizione. E ancora: "Eva futura" ultimo lavoro di Masque Teatro, il Tam Teatro Musica insieme ai detenuti di diverse nazionalità del carcere di Padova con "Fratellini di legno", e i gruppi L'Impasto e Libera Mente (presente anche con "Storia spettacolare di Guyelmo el Pesado che voleva rovesciare il mondo" e "La discesa") impegnati per la prima volta in un progetto comune ispirato al verbo deglI uccelli di Farid Addin 'Attar che debutta al parco della Fornace.
E poi le nuovissime proposte emerse dal Premio Scenario, i laboratori e i cantieri di lavoro, per coltivare e tramandare il sapere dei maestri e per progettare future imprese. Un laboratorio con Cecilia Kankonda, cantante e attrice, testimone della ricerca poetica di Thierry Salmon; con Kuniaki Ida che nel segno di Jaques Lecoq coniuga antica farsa giapponese e Commedia dell'Arte; con Bano Ferrari e le sue famiglie di clown che si esibiranno all'improvviso. E ancora Gianni Manzella che con l'Associazione Art'o realizzerà un laboratorio che farà dono al festival del suo giornale quotidiano. Prove aperte per Giovanni Boni che dirige Graziella Possenti e Aldo Vivoda nel progetto Verso "Antonio e Cleopatra".E cantiere aperto per Pippo Delbono, presente con gli spettacoli "Guerra" e "La rabbia", che in una casa di campagna presso Santarcangelo ospiterà i primi incontri per uno spettacolo da farsi, "Esodo", con la sua singolare compagnia di poeti "diversi", dove molte frontiere della terra e dell'uomo sono rappresentate. Dopo un lungo giro siamo cosi ritornati all’Africa.
Kragler: Sapete che vengo dritto dall'Africa? Ho in gola la parlata dei negri.
In questo tempo di migrazioni senza promessa di ritorno, la Patria e l'Esilio si confondono, si scambiano la maschera. Dietro la maschera comincia il mistero, e chi la indossa lo preserverà intatto. Egli si limiterà a portarla, sapendo che non deve imporre nulla. Sapendo che non c'e viaggio senza ritorno e non c'é ritorno senza racconto nel cerchio intorno al fuoco che dispone all'ascolto. Perché ogni racconto é nascita e fondazione, e il cerchio intorno al fuoco - ombra e tamburo, racconto e maschera,
danza e respiro - è casa degli spiriti, cui tutto è dovuto. Ecco l'Africa: e interrogarsi intorno alla vita dello spirito, e chiedersi se questa vita esiste. Non cercare delle forme, ma cercare attraverso una forma. Senza imporre nulla. Come suonare o ascoltare il tamburo, barca spirituale che trasporta dal mondo visibile all’invisibile.
Woyzecki: Vuoto, senti? Tutto vuoto qui sotto...
Quanti si chinano in ascolto del proprio cuore, come il soldato Woyzeck, sentono il galoppo della guerra molto prima che questa scoppi. Il primo tamburo è la terra che il danzatore percuote e fa risuonare con i suoi piedi. Tamburo in alcune lingue e femmina e madre. È all'origine del mondo, è tomba e culla di ogni cosa, il tamburo parla. La sua parola è il ponte fra cielo e terra.
Dunque il tamburo costruisce ponti. Perciò i tamburi sono custoditi e curati come esseri viventi. Anche il tamburo ha una sua dimora, al tamburo è imposto un nome, entra a far parte della famiglia. Nel tamburo a forma di clessidra i due cerchi opposti sono rivestiti con la pelle di un animale maschio e di un animale femmina. Le due pelli del tamburo sono orecchi con cui il cielo e la terra si ascoltano a vicenda. Se invece il tamburo è a una sola pelle vuol dire che l'altra metà sta in cielo. Il colpo sul grande tamburo è uno sguardo gettato sugli dei. Suonare il tamburo significa battere l'unica moneta che abbia corso fra gli dei e gli uomini.
Il nano picchia il suo tamburo "un leone, un vero leone africano a Barabo!"
SILVIO CASTIGLIONI
Direzione Artistica
MASSIMO MARINO
Co-direzione artistica
2 - 11 luglio 1999