1998
L'ORIZZONTE E LA MEMORIA
Per noi che ci sentiamo un po' estranei ai velluti rossi, grande teatro e quello povero, quello vibrante che da molti anni ha eletto Santarcangelo a propria dimora estiva. E grande se sa ottenere dai suoi spettatori l'abbandono a una consapevole ignoranza. Il distacco dall’irrealtà quotidiana, per stupirsi del mondo, per guardarlo con occhi nuovi. E anche: averne rispetto. Per noi che vogliamo camminare su questa terra sedimentata e tremante e andare in direzione ignota, quattro strade intrecciano l’orizzonte alla memoria: quella che chiamiamo tradizione e maestria; quella delle geografie teatrali che ci ha condotto in Sicilia, quella delle drammaturgie in corso, e la nostra originaria del teatro nella città.
La prima strada muove dall'esempio dei maestri, dalle montagne e verso le montagne. Da cima a cima. Tradizione non è ciò che si dovrebbe scorgere o che non si riesce a ricordare. Tradizione è ciò che siamo, è ciò che portiamo con noi lungo il cammino e che può essere tramandato come reale, nutriente, autentico.
Tradizione è ciò che è riuscito a sopravvivere a volte dissimulato e custodito nei monasteri o nei cenacoli dove pochi allievi si dispongono con dura disciplina ad accogliere un insegnamento antico. Hideo Kanze, grande maestro del Teatro No, una delle più antiche forme di teatro giapponese, nella sua patria è stato proclamato tesoro d'arte vivente. C'è chi lo ricorda chino sopra le mani tremanti degli allievi, mentre, con
pazienza, li iniziava ai rudimenti dell'arte del ventaglio. Kanze sarà a Santarcangelo per un evento che conduce il severo rituale del No verso il Buto, altra forma di teatro giapponese, elevata a espressione pura e perturbante da Kazuo Ohno.
A volte occorre essere blasfemi per praticare il culto della tradizione e per salvaguardare dal calpestio alcune piante ormai rare. È il caso di Leo de Berardinis, grande eretico del teatro, il maestro ribelle che ha innestato nella tradizione attorica italiana la sensibilità poetica e musicale del novecento, dal jazz ad Allen Ginsberg. A Santarcangelo Leo sarà presente con la propria compagnia, raro esempio di coerenza e continuità poetica oggi in Italia, il paese che ha tenuto a battesimo le compagnie d'arte alcuni secoli orsono e oggi ne ha smarrito nome e significato.
Tradizione è anche saper fare il pane e dimenticare chi te lo ha insegnato. Thomas Richards, giovane allievo-maestro che dirige il Workcenter creato da Jerzy Grotowski a Pontedera e ne porta avanti l'insegnamento, testimonierà di uno dei più arditi tentativi di creare una continuità di lavoro fra le generazioni.
Teatri bianchi di pietra sospesi fra mare e cielo, luoghi sacri al teatro e agli dei: la seconda strada è una discesa nel ventre di una terra di confine, terra di mari, di poeti e di pupi. La Sicilia, cuore del Mediterraneo, eletta a seconda madre dagli antichi greci, patria di una lingua arcaica, infuocata e dolcissima.
La nostra discesa attraversa le prove di due gruppi significativi della giovane scena nazionale, Aura Teatro e Segnalemosso, presenti ognuno con più lavori. Quindi incontra le opere di Nino Gennaro - giovane autore politico "di strada" scomparso nel '95 - portate in scena da Massimo Verdastro, e quelle di Spiro Scimone, che è attore prima che drammaturgo e che sulla musicalità e il silenzio della propria lingua costruisce quadri ad alta tensione grottesca. La bizzarria comica che Nutrimenti Terrestri dedicano all'arte di Martoglio e la musica dei Fratelli Mancuso ci introducono alle stratificazioni più antiche, incarnate nei pupi trionfanti e nei cunto di Mimmo Cuticchio, e nella lingua fisiologica e materica di Franco Scaldati. Otto compagnie per diciassette eventi diversi. Una grande famiglia dell’arte teatrale in Sicilia, completa di nonni e nipoti.
La terza strada è una ragnatela di sentieri. Per orientarsi ognuno può cercare di stabilire parentele e cosi segnare il proprio personale cammino, oppure volutamente perdersi, per esempio, fra Danio Manfredini, Raffaella Giordano e Claudio Morganti, complici stravaganti, compagni di strade parallele. Fra Domenico Castaldo e Frangois Kahn che a vent’anni di distanza l’uno dall'altro hanno avvicinato il lavoro di Grotowski.
Qualcuno noterà che ci sono molti assoli, molti guerrieri solitari in questa regione, ma anche compagnie chiassose, numerose e singolari. Per alcune di queste, come Marcido Marcidorjs, può essere difficile ma anche appassionante cercare parentele. Qualcuno si accorgerà che vi sono opere di due scrittori romagnoli, Flavio Caroli e Raffaello Baldini.
Qualcun altro preferirà scegliere fra i giovani o giovanissimi, come Tanti Cosi Progetti, Motus, Amorevole Compagnia Pneumatica, Accademia degli Artefatti, nomi colorati, sventolati come vessilli.
Provocatori e conciliatori si alternano e si mescolano in questa regione, che tra l'altro offre molte primizie.
La quarta strada è un viaggio intorno alla nostra stanza, Santarcangelo. Un segno di attenzione e di riconoscenza per il paese che ospita i nomadi del Festival, li disseta, li sfama. Ma anche una domanda di attenzione, di scambio. Oltre il programma, fuori programma, una manciata di eventi riservati alla città ma non interdetti agli ospiti. Nelle piazze, nelle strade, nei luoghi del paese vecchio, nelle aree dei nuovi quartieri, nei bar, sulle terrazze o nel tinello di casa: il teatro civile allo Sferisterio dove la cronaca trascolora in mito; i comici nella piazzetta sotto l'orologio; i Lieder e la grande musica nelle corti delle contrade; e ancora i narratori, i poeti e i creatori di immagini viventi. Una scossa, una scintilla di poesia, un brivido nei luoghi familiari della vita quotidiana. E nella piazza la musica dei popoli.
...quel bisogno di fermare una spazio nel tempo,
la necessità di scavare, vivisezionare.
Vorrei che tutti potessero sentire questa terra
urlare e ridere, fremere mentre noi la cerchiamo,
in profondità, come animali e come uomini.
A Thierry e ai suoi fuochi nella notte di Torriana
SILVIO CASTIGLIONI
Direzione Artistica
MASSIMO MARINO
Co-direzione artistica
3 - 12 luglio 1998
Per noi che ci sentiamo un po' estranei ai velluti rossi, grande teatro e quello povero, quello vibrante che da molti anni ha eletto Santarcangelo a propria dimora estiva. E grande se sa ottenere dai suoi spettatori l'abbandono a una consapevole ignoranza. Il distacco dall’irrealtà quotidiana, per stupirsi del mondo, per guardarlo con occhi nuovi. E anche: averne rispetto. Per noi che vogliamo camminare su questa terra sedimentata e tremante e andare in direzione ignota, quattro strade intrecciano l’orizzonte alla memoria: quella che chiamiamo tradizione e maestria; quella delle geografie teatrali che ci ha condotto in Sicilia, quella delle drammaturgie in corso, e la nostra originaria del teatro nella città.
La prima strada muove dall'esempio dei maestri, dalle montagne e verso le montagne. Da cima a cima. Tradizione non è ciò che si dovrebbe scorgere o che non si riesce a ricordare. Tradizione è ciò che siamo, è ciò che portiamo con noi lungo il cammino e che può essere tramandato come reale, nutriente, autentico.
Tradizione è ciò che è riuscito a sopravvivere a volte dissimulato e custodito nei monasteri o nei cenacoli dove pochi allievi si dispongono con dura disciplina ad accogliere un insegnamento antico. Hideo Kanze, grande maestro del Teatro No, una delle più antiche forme di teatro giapponese, nella sua patria è stato proclamato tesoro d'arte vivente. C'è chi lo ricorda chino sopra le mani tremanti degli allievi, mentre, con
pazienza, li iniziava ai rudimenti dell'arte del ventaglio. Kanze sarà a Santarcangelo per un evento che conduce il severo rituale del No verso il Buto, altra forma di teatro giapponese, elevata a espressione pura e perturbante da Kazuo Ohno.
A volte occorre essere blasfemi per praticare il culto della tradizione e per salvaguardare dal calpestio alcune piante ormai rare. È il caso di Leo de Berardinis, grande eretico del teatro, il maestro ribelle che ha innestato nella tradizione attorica italiana la sensibilità poetica e musicale del novecento, dal jazz ad Allen Ginsberg. A Santarcangelo Leo sarà presente con la propria compagnia, raro esempio di coerenza e continuità poetica oggi in Italia, il paese che ha tenuto a battesimo le compagnie d'arte alcuni secoli orsono e oggi ne ha smarrito nome e significato.
Tradizione è anche saper fare il pane e dimenticare chi te lo ha insegnato. Thomas Richards, giovane allievo-maestro che dirige il Workcenter creato da Jerzy Grotowski a Pontedera e ne porta avanti l'insegnamento, testimonierà di uno dei più arditi tentativi di creare una continuità di lavoro fra le generazioni.
Teatri bianchi di pietra sospesi fra mare e cielo, luoghi sacri al teatro e agli dei: la seconda strada è una discesa nel ventre di una terra di confine, terra di mari, di poeti e di pupi. La Sicilia, cuore del Mediterraneo, eletta a seconda madre dagli antichi greci, patria di una lingua arcaica, infuocata e dolcissima.
La nostra discesa attraversa le prove di due gruppi significativi della giovane scena nazionale, Aura Teatro e Segnalemosso, presenti ognuno con più lavori. Quindi incontra le opere di Nino Gennaro - giovane autore politico "di strada" scomparso nel '95 - portate in scena da Massimo Verdastro, e quelle di Spiro Scimone, che è attore prima che drammaturgo e che sulla musicalità e il silenzio della propria lingua costruisce quadri ad alta tensione grottesca. La bizzarria comica che Nutrimenti Terrestri dedicano all'arte di Martoglio e la musica dei Fratelli Mancuso ci introducono alle stratificazioni più antiche, incarnate nei pupi trionfanti e nei cunto di Mimmo Cuticchio, e nella lingua fisiologica e materica di Franco Scaldati. Otto compagnie per diciassette eventi diversi. Una grande famiglia dell’arte teatrale in Sicilia, completa di nonni e nipoti.
La terza strada è una ragnatela di sentieri. Per orientarsi ognuno può cercare di stabilire parentele e cosi segnare il proprio personale cammino, oppure volutamente perdersi, per esempio, fra Danio Manfredini, Raffaella Giordano e Claudio Morganti, complici stravaganti, compagni di strade parallele. Fra Domenico Castaldo e Frangois Kahn che a vent’anni di distanza l’uno dall'altro hanno avvicinato il lavoro di Grotowski.
Qualcuno noterà che ci sono molti assoli, molti guerrieri solitari in questa regione, ma anche compagnie chiassose, numerose e singolari. Per alcune di queste, come Marcido Marcidorjs, può essere difficile ma anche appassionante cercare parentele. Qualcuno si accorgerà che vi sono opere di due scrittori romagnoli, Flavio Caroli e Raffaello Baldini.
Qualcun altro preferirà scegliere fra i giovani o giovanissimi, come Tanti Cosi Progetti, Motus, Amorevole Compagnia Pneumatica, Accademia degli Artefatti, nomi colorati, sventolati come vessilli.
Provocatori e conciliatori si alternano e si mescolano in questa regione, che tra l'altro offre molte primizie.
La quarta strada è un viaggio intorno alla nostra stanza, Santarcangelo. Un segno di attenzione e di riconoscenza per il paese che ospita i nomadi del Festival, li disseta, li sfama. Ma anche una domanda di attenzione, di scambio. Oltre il programma, fuori programma, una manciata di eventi riservati alla città ma non interdetti agli ospiti. Nelle piazze, nelle strade, nei luoghi del paese vecchio, nelle aree dei nuovi quartieri, nei bar, sulle terrazze o nel tinello di casa: il teatro civile allo Sferisterio dove la cronaca trascolora in mito; i comici nella piazzetta sotto l'orologio; i Lieder e la grande musica nelle corti delle contrade; e ancora i narratori, i poeti e i creatori di immagini viventi. Una scossa, una scintilla di poesia, un brivido nei luoghi familiari della vita quotidiana. E nella piazza la musica dei popoli.
...quel bisogno di fermare una spazio nel tempo,
la necessità di scavare, vivisezionare.
Vorrei che tutti potessero sentire questa terra
urlare e ridere, fremere mentre noi la cerchiamo,
in profondità, come animali e come uomini.
A Thierry e ai suoi fuochi nella notte di Torriana
SILVIO CASTIGLIONI
Direzione Artistica
MASSIMO MARINO
Co-direzione artistica
3 - 12 luglio 1998